Debito Pubblico Italiano

giovedì 22 dicembre 2011

Il pareggio di bilancio in Costituzione: un suicidio politico


Nei giorni della manovra e dei tira-e-molla tra Governo, partiti politici e parti sociali c’è un tema di cui tutti sembrano d’accordo. E di conseguenza, di cui nessuno si cura: il vincolo di pareggio di bilancio inserito nella Costituzione. Tale provvedimento è visto come buono e giusto da gran parte dei politici non solo italiani, ma anche europei. E’ anzi caldamente raccomandato dai teorici della rigidità fiscale, Angela Merkel in primis. Si tratta, in poche parole, di inserire nelle carte costituzionali europee il divieto di accumularedeficit di bilancio. In Italia tale misura è stata già votata ed approvata, ma per le riforme costituzionali serve una doppia approvazione sia alla Camera che al Senato, ragion per cui non è ancora entrata in vigore. La parte più importante di tale modifica all’art.81 della Costituzione recita:
Nel bilancio delle Pubbliche Amministrazioni, dello Stato e delle Regioni, le spese totali
non possono superare le entrate totali. Il ricorso all’indebitamento non è consentito. La legge
regola le modalità di applicazione del principio del pareggio di bilancio ai singoli livelli di
governo tenendo conto del ciclo economico, e garantendo comunque il rispetto dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali

Le argomentazioni a sostegno di questa misura sono molteplici: essa permetterebbe di rassicurare i mercati circa le reali intenzioni dei Governi di porre fine alla crescita del debito pubblico e di impegnarsi a mantenere politiche di bilancio più oculate. Ma è davvero necessario legarsi le mani inserendo un tale vincolo nella carta Costituzionale? I deficit di bilancio non sono necessariamente un problema, come la crisi del debito ci ha abituato a pensare, ma sono anche il modo attraverso cui un’economia può riprendersi da una recessione. I politici che oggi votano (pressochè all’unanimità) e plaudono al pareggio di bilancio in Costituzione, sembrano aver dimenticato le lezioni della storia. Dalla Grande Depressione degli anni ’30 non ne uscimmo mediante le politiche di austerità, ma grazie al “New Deal” di Roosevelt, che permise la ripresa dell’economia grazie ad un massiccio programma di spesa. L’Europa degli anni ’10 di questo secolo, invece, rischia di privarsi da sola di un importante strumento di politica economica, e di farlo nella maniera più rigida possibile: vietandolo nelle costituzioni. Una scelta che alcuni dicono dettata dalla necessità, ma che rischia di peccare gravemente di lungimiranza.
Giuseppe Caivano

lunedì 5 dicembre 2011

La Manovra Salva Italia e Ammazza italiani

4 Dicembre, Roma. Mario Monti tiene una conferenza stampa per la presentazione della Manovra "Salva Italia". La manovra presenta tutte le caratteristiche della stangata per famiglie e per il ceto medio basso della popolazione. Nei giorni precedenti la presentazione della manovra si era già anticipato qualche tema: patrimoniale, evasione fiscale, ICI, pensioni.



Capitolo Pensioni. Nel sistema pensionistico italiano, sono vari i punti toccati. Innanzitutto sono state eliminate le pensioni di vecchiaia anagrafica. Da oggi sarà possibile conseguire la pensione solo dopo 42 anni di contributi. Questo punto avrà un impatto sociale non indifferente, e colpisce, ad esempio, quegli operai over 55 espulsi dal mondo del lavoro che stavano cercando di resistere fino al raggiungimento dell'età pensionabile. Cosa ne sarà di questa povera gente? 
Non solo loro saranno colpiti da questo punto. Oggi un giovane su tre è disoccupato e la recessione prevista per il 2012 non migliorerà certo la situazione. La recessione, ovviamente, aumenterà la disoccupazione generale e giovanile. Ammettendo che la situazione, in futuro, si stabilirà, avremo una generazione di ragazzi che entreranno nel mondo del lavoro tardi, probabilmente dopo il 30 anni. Quando andranno in pensione questi ragazzi, se contiamo che saranno sicuramente assunti come stagisti o con contratti a progetto?



Nella manovra torna, inoltre, l'ICI sulla prima casa, che si chiamerà IMU (Imposta Municipale Unica) che si baserà sulle rendite catastali, rivalutate del 60%. Ciò significa che saranno aumentate le rendite catastali artificialmente per poter imporre un aliquota superiore per l'IMU. La norma colpirà il 70% di italiani che vivono in case di proprietà. Altro punto è la patrimoniale, se così può essere definita la norma prevista nella manovra. Infatti nella manovra è prevista solo un aumento della tassa sui beni di lusso, quali auto e barche con scafi superiore a 10 metri. Nulla sui redditi derivanti dalla speculazione, nulla sui veri grandi patrimoni, nulla sui  capitali scudati tempo fa da Berlusconi e Tremonti.Nulla è stato fatto nemmeno per la crescita e nulla nemmeno per l'evasione fiscale: infatti è stata abbassata la tracciabilità a soli 1000 euro, livello ancora troppo basso per avere dei risultati veri.



Insomma, la manovra, come sospettabile, è ricaduta di nuovo sulle stesse persone, sul ceto economicamente debole della società, senza sfiorare minimamente i proprietari di grandi patrimoni e i grandi evasori. Infondo l'appartenenza al ceto dei grandi capitalisti dei membri del governo non poteva che arrecare danno ai proletari, concedendo vantaggio e aria alle banche e dando garanzie ai grandi investitori che comprano i titoli italiani. Tutto ciò è dimostrato anche dagli andamenti dei mercati negli ultimi 3 giorni. In 3 giorni, lo spread tra btp decennali italiani e bund tedeschi equivalenti è sceso a 374 punti, oltre 100 punti in meno rispetto al valore massimo del 9 Novembre (575 punti base).



La situazione, tuttavia, non può dirsi tranquilla. Le misure attuate dal governo Monti sono estremamente simili alle misure di Austerity e alle riforme Lacrime e Sangue attuate nell'ultimo anno in Grecia. In Grecia, dopo le riforme attuate all'inizio del 2011, c'è stata una recessione pesantissima, con il 2011 che segna una crescita del -11%. Ma cosa c'entrano le riforme? Tagliando le pensioni e aumentando le tasse, si diminuisce il potere d'acquisto dei redditi, deprimendo i consumi. Deprimere i consumi fa si che la domanda di merci sia minore, il lavoro diminuisca generando disoccupazione e, per estensione, un calo del gettito fiscale. La diminuzione del gettito fiscale, però, determina un aumento del debito pubblico e la recessione. Quindi, queste manovre poste sotto un analisi più approfondita, si mostrano come provvedimenti, forse, più dannosi che altro nel medio periodo. In questo modo, di certo non si raggiungerà il pareggio di bilancio ma si finirà per affossare ancora di più Italia ed italiani.

giovedì 24 novembre 2011

Eurobond o Eurofarsa?

L'ondata speculativa sui titoli europei ha colpito Italia, Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo, ma negli ultimi giorni anche Austria, Olanda, Svezia, Finlandia, Belgio e, udite udite, Francia e Germania. La crisi è arrivate alle porte del direttorio e bussa in maniera minacciosa alle porte dei padroni d'Europa. Infatti, nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un cambiamento di trend per gli spread occidentali: l'Italia, con l'arrivo di Monti e con gli acquisti decisi e sostanziosi di titoli da parte della BCE, riprende fiato, con un effetto altalena che va dai 450 pb ai 550 pb (livelli altissimi, ma tenuti sotto controllo dalla BCE); la Spagna ha superato l'Italia, con un rendimento ed uno spread altissimo (che si voglia instaurare un governo di tecnici-banchieri anche in Spagna come in Italia-Grecia?), ed è il nuovo obbiettivo del vortice speculativo; la Grecia, ormai fallita, vede i suoi titoli svalutarsi ad ogni ora. Ma negli ultimi giorni anche titoli considerati sicuri, come quelli di Svezia, Olanda, Francia, Austria, Finlandia, Belgio, hanno raggiunto livelli di spread non trascurabili, dimostrando lo spostamento della crisi su tutto il sistema euro, e attuando il contagio di cui tutti avevano paura. E la Francia trema...



E' notizia di ieri che l'agenzia di rating Moody's ha messo sotto osservazione l'economia francese e minaccia il downgrade dal livello AAA. Appena la notizia si diffonde lo spread francese impenna, raggiungendo ulteriori livelli record dopo i livelli della scorsa settimana. Della "crisi" francese però ne risentono tutti i Paesi dell'eurozona, con gli spread di Spagna, Portogallo, Italia, Irlanda, Olanda, Svezia, Finlandia, Austria, Belgio che impennano. Nemmeno la Germania, però, è più al sicuro: l'asta dei bund decennali di ieri si è conclusa con un clamoroso flop, con il 35% rimasto invenduto e il conseguente aumento dei rendimenti sui titoli tedeschi. La crisi, dopo aver gelato la Francia, arriva alle porte di Berlino.



Barroso, presidente della commissione europea, prende la palla al balzo: "Per la salvezza dell'Euro, dell'Europa e della BCE, è necessario creare degli Eurobond sostitutivi ai vari bond nazionali, garantiti dalla BCE. Questo, però, deve avvenire parallelamente ad un severo controllo dei bilanci statali". Dichiarazione forte, e con un deciso significato politico. Per parlare di Eurobond, c'è bisogno di un Ministro delle Finanze europeo, un Ministero del Tesoro europeo. La creazione di queste due entità, però, necessità di due mosse politiche molto azzardate: la prima è la creazione di una Federazione di Stati Europei, una sorta di U.S.E. (United States of Europe), e quindi un sistema filoamericano, con gli Stati che hanno poteri eguali alle regioni, per paragonarlo al sistema italiano. Questa proposta, ovviamente, affronta dei seri ostacoli: esistono europei? gli italiani, i francesi, i tedeschi, gli spagnoli etc. si sentono tutti allo stesso modo appartenenti ad un unica entità nazionale per abbandonare i propri Stati ed appoggiare l'entrata negli U.S.E.? I precedenti non sono favorevoli, visto che la costituzione europea è stata bocciata a suon di referendum in molti Paesi dell'UE. La seconda mossa azzardata riguarda la formazione di Eurobond. Abbiamo detto che per emettere Eurobond, c'è bisogno di un Ministero del Tesoro e uno delle Finanze Europeo. Per la formazione di queste entità, però, gli stati membri devono necessariamente abdicare al loro potere fiscale, per concedere questo potere all'eventuale Ministero delle Finanze. Inoltre, c'è bisogno di un armonizzazione del sistema tributario e fiscale, e i vari Stati dovrebbero accontentarsi solo di fondi provenienti da Bruxelles. Ma come si può armonizzare un sistema fiscale con economie così variegate? E poi, siamo sicuri che tutti gli Stati siano disposti a cedere questi poteri? La risposta, per ora, è scontata. Merkel ha detto no ad ogni tipo di bond europeo, bond che minaccerebbe la crescita economica tedesca, anche se questa è destinata ad arenarsi se la crisi non viene arrestata. Al fianco della Merkel sembra esserci il simpatico Mario Draghi, governatore della BCE, che non ha mai amato l'idea di un super-Stato europeo. Dalla parte dei favorevoli ci sono tutti gli Stati in difficoltà e la Francia, che vedono come unica soluzione alla crisi l'emissione di titoli di debito comuni. E' triste, però, come non si pensi nemmeno che il problema sia la finanza e il sistema di titoli di credito e debito.



Ma c'è un altro aspetto che caratterizza la dichiarazione di Barroso. La premessa che i titoli comuni sono fattibili solo con un registro contabile in ordine, dimostra come ci sia la volontà di modificare il sistema unitario originario dell'Euro: un controllo dei bilanci degli Stati europei farebbe si che Stati con economie deboli e con alti debiti siano fatti fuori dal sistema. Con questo sistema, Italia, Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo, gli Stati dell'Est Europa, Cipro e altri Stati, con un economia non esaltante e un alto debito pubblico, sarebbero automaticamente fatte fuori e lasciate al loro destino. Ma lasciare questi stati da soli, può avere un doppio effetto: o gli Stati, riacquistato il potere di stampare moneta, si riprendono; o gli Stati non riescono a far partire l'economia, dichiarando default con meno problemi, ma questo caso non è ottimale sia per la BCE che per la Francia, detentori della maggior parte dei titoli di questi Paesi.



Ad ogni modo, il problema della crisi dei debiti sovrani, non può essere affrontata con l'emissione di titoli se non c'è una ripresa della crescita. E pure se questa ci fosse, con una continua automatizzazione del lavoro, con la creazione di "Super Capitalisti" detentori sia di forza lavoro che di macchine, fin quando il sistema potrà crescere? Fin quando si potrà andare avanti con un economia virtuale che crea soldi dal nulla senza passare dalla produzione e dalla redistribuzione di reddito?

giovedì 17 novembre 2011

Monti, salvatore della patria o pericoloso?

Mario Monti è stato nominato dal Presidente Napolitano, dopo le consuete consultazioni, Presidente del Consiglio. L'annuncio è arrivato in un contesto politico particolare dove, in nome della responsabilità nazionale, ci si prepara a tagliare le gambe al Paese. Il professore Monti è appoggiato da una larga coalizione politica, che va dal PD, al terzo polo e al PDL.



Berlusconi è andato via, contenti? Si? Beati voi! Ma vediamo come e perchè è andato via.
I motivi delle dimissioni di Mr. B. possono essere divisi in motivi politici e motivi economici. I motivi politici sono il più squallido spettacolo della politica italiana. Il Titanic affonda e tutti i marinai scappano, chi nell'UDC e chi nei Responsabili di Scillipoti. Tra i principali "traditori" ci sono Cirino Pomicino e la Carlucci, ma anche fedelissimi del PDL volevano la testa di Berlusconi. Motivi? Semplici! La crescente preoccupazione verso la situazione economica italiana, ha fatto si che fossero necessarie politiche di austerity, riforme impopolari. Lasciando queste mansioni ad un governo tecnico, la destra liberale ha il tempo di rifarsi un immagine in vista delle nuove elezioni, e soprattutto può spartire la colpa con il principale partito della sinistra, il PD, che sembra aver abboccato. Proprio in vista delle prossime elezioni la Lega si è dichiarata contraria al governo Monti, annunciando le riforme impopolari ma tirandosi completamente fuori e quindi guardando al proprio elettorato con un anima immacolata. Stessa situazione per l'IDV che si è dichiarata sfavorevole all'inizio, ma per motivi prettamente di alleanza politica, ha ritrattato la sua posizione concedendo la fiducia con riserva.
Non è solo colpa della politica, in questo caso. Con la crescente crisi economica non potevano mancare le ingerenze straniere, ed in particolare di Francia e Germania. Riflettiamo: la BCE ha comprato a ritmi elevati i titoli italiani da Agosto fino a inizio Ottobre. Ad Ottobre, appurato che il governo Berlusconi non aveva la attuato una minima misura contro la crisi, la BCE frena nel suo acquisto di titoli italiani, facendo impennare lo spread e cacciando de facto Berlusconi ed il governo. L'aumento dello spread porta al suggerimento di un uomo noto come il professor Monti. L'aumento della pressione dei titoli ha determinato anche una crisi politica che ha portato poi alle dimissioni del Cainano.



Ma chi è Mario Monti? Il professor Mario Monti può essere riassunto in una sua dichiarazione:

“In Italia, data la maggiore influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale, si è protratta più a lungo, in una parte dell’ opinione pubblica e della classe dirigente, la priorità data alla rivendicazione ideale, su basi di istanze etiche, rispetto alla rivendicazione pragmatica, fondata su ciò che può essere ottenuto, anche con durezza ma in modo sostenibile, cioè nel vincolo della competitività. Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L’abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.”
Mario Monti, Corriere della Sera, 2 gennaio 2011


Possono i partiti di "sinistra" appoggiare un uomo di questo tipo? Possono gli italiani esultare per l'elezione di un uomo così? Quest'uomo ha elogiato le "importanti riforme" della Gelmini e di Marchionne. Con questa personalità non possiamo fare altro che aspettarci riforme lacrime e sangue, tagli orizzontali e aumento della pressione fiscale sulle fasce deboli della popolazione, con tagli all'istruzione, ai diritti dei lavoratori, tagli al welfare. Monti è un uomo delle banche, posto da enti sovranazionali solo per garantire che l'Italia paghi i suoi debiti, senza curarsi degli italiani. In Italia, come in Grecia con Papademos (anch'egli uomo della BCE), è stato attuato un vero e proprio golpe, con cui i due Paesi hanno perso la loro sovranità a favore degli organismi internazionali, garanti dei loro debiti pubblici. Anzi, come scritto sul blog di Paolo Barnard, con un imposizione della BCE il debito pubblico greco è diventato una proprietà inglese e solo gli inglesi possono rinegoziare questo debito, impedendo de facto un referendum (come proposto da Papandreou) o un default. Voi siete felici di Monti? Io, ad uno che vuole flessibilizzare/precarizzare ancora di più i giovani non concedo nemmeno un pizzico di fiducia, anzi è un uomo da condannare, da osteggiare. Paradossalmente meglio Berlusconi che non riformava in modo distruttivo vari campi sociali per la speranza di rielezioni. Invece Monti è un pericolo per la classe proletaria e operaia, è pericoloso per tutte le fasce economicamente deboli della società, altro che salvatore della patria!

giovedì 10 novembre 2011

Berlusconi, l'Euro e le false speranze: ritratto di un Italia in ginocchio sul campo economico ed intellettuale.

"Gli analisti di Credit Suisse (vedi grafico) hanno messo a confronto l’andamento dei rendimenti di questi paesi nei 200 giorni che hanno preceduto il loro salvataggio. Nel caso di Atene i tassi hanno toccato per la prima volta la quota del 6% 95 giorni prima del piano da 110 miliardi di euro mentre il “punto di non ritorno” del 7% è stato raggiunto esattamente 65 giorni prima del salvataggio. Nel caso dell’Irlanda la soglia del 6% è stata toccata 145 giorni prima del salvataggio, mentre il balzo al 7% c’è stato 32 giorni del piano. Anche nel caso di Lisbona il rendimento al 6% è arrivato 145 giorni prima degli aiuti per poi toccare il punto di non ritorno del 7% 100 giorni dopo. I casi di Irlanda e Portogallo dimostrano che il nostro paese ha ancora almeno 100 giorni di tempo per invertire la tendenza prima che la dinamica dei tassi diventi insostenibile."


Il Sole 24 Ore, 2 Agosto 2011



Come scritto nella citazione, gli analisti di Credit Suisse, non proprio i comunisti per antonomasia, avevano previsto che l'Italia sarebbe durata più o meno 100 giorni, dal test del 6%, e così è stato. Anzi, per gli amici di DefaultItalia, ci siamo arrivati con circa un giorno di anticipo. Ma in ogni caso, la notizia del giorno è che l'Italia ha superato il punto di non ritorno, la soglia cruciale del 7% ed è quindi, per la consuetudine imprenditoriale, diventato un titolo a rischio insolvenza. E pensare che ci si preoccupava quando lo spread raggiungeva livelli intorno al 400 un giorno si e uno no, ebbene in una settimana ci siamo stabilizzati a quota 450 circa e in una giornata abbiamo prima sfondato il muro dei 500 pb e poi raggiunto il drammatico record di 575 pb. Alla chiusura dei mercati, lo spread btp/bund era di 525 pb, merito dell'intervento più aggressivo della BCE, con un rendimento di circa 7,3%. Mai i titoli italiani erano arrivati a questo punto e mai lo spettro del default si era così abbassato sull'Italia. E la crisi in Italia genera malumori e tonfi in tutta Europa, soprattutto in Francia, maggior detentrice dei titoli italiani. Consiglio caldamente a tutti di correre in banca per salvare i propri risparmi, prima che le banche collassino.
E mentre tutto questo accade, in Italia si festeggia il possibile addio di Berlusconi. PD, IDV, SEL, UDC, FLI, tutti cantano vittoria, urlando ai quattro venti che sono finalmente riusciti a sconfiggere il male, Berlusconi. Ma non è esattamente così. Con il raggiungimento del fatidico 7%, FMI e BCE arrivano in Italia con una certa urgenza, per visionare le mosse dell'esecutivo per contrastare la crisi. Il tutto mentre i vari partiti italiani, che sembrano non percepire la situazione di politico del loro mondo e soprattutto del loro Paese, si concentrano sulla successione al governo e sulla diatriba tra governo tecnico o voto anticipato. Il vero problema, per gli italiani, è l'avvento in Italia di enti stranieri e sovranazionali che, pur di recuperare parte del debito, attueranno dure misure di austerity che colpiranno soprattutto le fasce deboli della società e patteggiando gli aiuti alla nazione con misure di macelleria sociale. Se in questi ultimi anni abbiamo assistito alle politiche dei tagli orizzontali, le politiche imposte da FMI e BCE saranno un vero inferno. Probabilmente si continuerà con il martirio della scuola pubblica e dell'Università, si attuerà una qualche riforma della Sanità per trasformarla in business per lo Stato, aumento dell'età pensionabile e diminuzione delle pensioni e ammortizzatori sociali, aumento generale delle tasse. In pratica la gentile BCE ci rivolterà come un calzino per ottenere i suoi soldi. Quindi, mentre i partiti di opposizione festeggiano la caduta di B. (siamo sicuri? in fondo ha ancora qualche giorno per comprare qualche voto...) non si accorgono che ora inizierà la macelleria sociale delle banche perchè, mentre Berlusconi era legato al sistema elettorale e quindi da politico sperava nella rielezione, e questa cosa metteva un freno alle riforme che maciullavano le fasce deboli, il potere di BCE ed FMI è sovranazionale, sovrastrutturale e non legato ad alcuna forma di elezione: in pratica, possono fare quello che vogliono senza che noi, in maniera legale, possiamo farci nulla. E noi paghiamo!



Oggi però, voglio soffermarmi anche su Berlusconi, uomo infido a cui dedico raramente tempo ed energie. Berlusconi ha distrutto l'immagine internazionale del Paese e per 20 anni ha pensato esclusivamente ai suoi affari economici e giudiziari. Tuttavia, come già detto in precedenza, B. era la garanzia che le riforme che distruggono le fasce deboli non sarebbero state proposte, per essere rieletto e, soprattutto, non è il responsabile della crisi economica globale: al limite, possiamo attribuirgli la colpa di non aver aiutato il Paese con norme utili e quindi accelerato l'avvento della crisi. In fondo, come registrano i dati dello spread, quando la maggioranza parlamentare è svanita, lo spread si è impennato dimostrando la falsità delle teorie secondo cui la "morte" politica di Berlusconi incoraggiasse gli investitori. Ma tra le tante cose che ha detto/fatto, una cosa negli ultimi giorni è stata "esatta": ha detto che "l'Euro non ha convinto nessuno". Ok, detto da un anziano che cammina per strada e si vede meno soldi nel portafoglio, può essere scambiato per segno di senilità. Ma detto da un politico, se così può essere definito, che ha partecipato alla sua ideazione e creazione, suona un pò strano. 
Innanzitutto dobbiamo analizzare il significato di moneta: 
La moneta è il mezzo di scambio per le transazioni finanziarie usato per la liberazione da vincoli di contratto. Tale mezzo è accettato come modo legale per l'acquisto di merci ed è stampato da un autorità garante statale che ne determina il valore.
Analizzandone la definizione, troviamo nella seconda parte un anomalia, se pensiamo all'euro. Infatti, secondo la definizione, la moneta è stampata da un autorità statale che ne determina il valore. Il valore che assume la moneta dipende dal valore dell'economia in cui essa viene usata. La sua svalutazione o sopravvalutazione è quindi un artificio per modificare l'apprezzamento della valuta all'estero, favorendo ora le importazioni e ora le esportazioni. Una moneta, quindi, è forte e sostenibile solo per il Paese in cui circola, visto che è la rappresentazione dell'economia in cui è valida. Alla formazione dell'euro, a cui hanno aderito diversi tipi di economie, dalle economie forti come quella tedesca e francese, ad economie deboli come quelle del sud europa (Italia, Grecia, Spagna, Portogallo), Irlanda e Belgio. Per l'adesione all'Euro si richiedevano requisiti minimi. Italia, Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, nonostante le loro economie non potevano sostenere l'euro, hanno aderito alla moneta unica truccando i propri bilanci (esempio: la sanità Campana ha un buco di 2 Miliardi di Euro che non sono stati concessi dal ministero dell'economia, poichè sarebbe aumentato il debito, ma da istituti bancari privati, che di fatto sono più costosi del ministero ma che non gravano sul debito pubblico). Ma perchè? Quali sono i pro? C'era grande interesse ad entrare nell'Euro poichè, con l'adozione di una moneta unica e l'istituzione di una Banca Centrale Europea, a cui non si poteva recare danno (clausola per cui è stato annullato il referendum in Grecia), la vendita dei titoli dei singoli Paesi era avvantaggiata dalle minori tasse di conversione da pagare. Questa preoccupazione di vendere titoli era soprattutto spinta dalla crisi del '92, quando Soros mise in ginocchio Italia ed Inghilterra, tra gli altri. Ma all'attuazione di questa moneta unica e delle sue implicazioni istituzionali, ci si confrontava con un dubbio: a quale economia ci confrontiamo per la valutazione della moneta? La valutazione della moneta con economie deboli, come quella italiana e greca, sarebbe stata un danno per le economie di Germania e Francia, ergo, era meglio basarsi sull'economia franco-tedesca per dare all'Europa una moneta forte. Ed ecco che affiorano i contro: l'instaurazione di una moneta unica e di un istituzione sovranazionale come la BCE senza la trasformazione dei vari titoli nazionali in titoli europei, ha fatto si che le economie dell'intera eurozona ne risentissero. Le economie deboli come Italia e Grecia hanno visto subito una crisi, con un inflazione alta e un aumento del debito pubblico. Questi contro, legati alla crisi di sovrapproduzione ormai quarantennale, hanno fatto si che le economie deboli si fermassero quasi completamente. L'Euro, quindi, ha impoverito la nazione ed arricchito banchieri ed imprenditori che giocano in borsa con i titoli nazionali. L'Euro è stato fatto male, visto che si è voluto guardare solo agli interessi di poche nazioni e non di tutte, unendo le economie per una maggiore libertà di scambi ma lasciando le economie deboli senza difese per crisi sistemiche come queste. In ultima analisi, l'Euro ci ha impoveriti, e gli anziani non hanno torto.



Il fatto che in Italia non si parli di questo, non si parli della crisi e dell'imminente macelleria sociale in arrivo è deprimente e segno come questa politica non è vera rappresentanza del popolo. Questa politica, ormai, vive in mondo parallelo lontano dalla realtà, con la sua ricchezza, i suoi interessi e i suoi privilegi. E intanto per la strada, gente comune soffre la crisi, e tra poco la fame. E noi? Siamo pronti e pienamente consapevoli della crisi?

sabato 5 novembre 2011

Bancocrazia portami via!

La bancocrazia, per la gioia dei complottisti che ne parlano da tempo immemore, sta uscendo allo scoperto. Scenario della messa in scena è la Francia, precisamente Cannes dove si svolgeva il G20. Il G20 si era aperto con il botto, con Papandreou che spaventa tutto il pianeta con la proposta di referendum sul pacchetto di aiuti, e l'Italia che vede il suo spread salire fino a livelli vertiginosi. Europa e occidente preoccupati, ovviamente: alla debacle di uno di questi due Stati, adieu Euro, adieu capitalismo. E poi tutto d'un fiato, Papandreou, con la stessa sorpresa con cui era stato annunciato, ritira il referendum e annuncia che la Grecia accetterà gli aiuti e attuerà ulteriori misure di austerity. Cosa non può fare la bancocrazia! Si può solo immaginare come Francia, Germania, BCE ed FMI hanno ricattato il premier greco. In ogni modo la Grecia, ora, andrà avanti con misure di austerity, allungando l'agonia della popolazione.



Ma ogni ricatto non cancella la realtà, non cancella la situazione economica greca disastrata. Infatti, per chi ancora non crede nella debacle europea, la Grecia è FALLITA. Lunedì, i titoli a due anni greci hanno raggiunto un rendimento del 96%. Non vorrei fare il guastafeste, ma nemmeno il periodo più florido dell'America nè cinese potrebbe ripagare un tasso del 96%. Quindi, per l'ennesima volta, è bene ribadire che la Grecia è già in default, è già fallita ed è tenuta in vita solo dalle "macchine" degli aiuti europei. Ogni misura d'austerity è inutile, non c'è crescita, non c'è ricchezza: se si capovolgono tutti i cittadini greci per privarlo di ogni centesimo, non si raggiungerà mai l'entità del debito pubblico.



Se per la Grecia la situazione è persa, per l'Italia non va meglio. Per un economia che siede nel G8, la denuncia di mancanza di credibilità è quanto di peggio possa esserci. Quindi, alla mancanza di crescita, alle inadeguate riforme, ora si aggiunge anche la mancanza di credibilità, il tutto mentre lo spread sale fino al nuovo record di 462 pb con un rendimento di 6.42%. Soluzione del G20? Commissariamento. Già, dal G20 siamo usciti commissariati da FMI e BCE che arriveranno in Italia per vigilare sulle riforme promesse ogni tre mesi. E intanto, mentre Berlusconi si rifiuta di fare un passo indietro, la maggioranza si assottiglia. Ma poi: su quali riforme "promesse" FMI e BCE dovrebbe vigilare? Non c'è alcuna riforma in cantiere utile per la crescita o per la riduzione del debito. Attualmente c'è solo l'immonda idea di cancellare l'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che è più dannosa che altro: eliminando il licenziamento esclusivamente per giusta causa, ci sarà un ondata di licenziamenti con una minore redistribuzione di ricchezza, ergo una minore gittata fiscale statale ed un conseguente aumento del debito pubblico. Non è il taglio al costo del lavoro la soluzione, anzi, la soluzione non c'è. Il problema, come più volte abbiamo detto, è strutturale, il vero problema è la crisi di sovrapproduzione, ciò che si produce non trova sbocco, e per di più l'economia attualmente è tutta incentrata sulla finanza. Intanto siamo commissariati e, paradossalmente, dobbiamo avere più paura di BCE e FMI che di Berlusconi. Infatti, Berlusconi prima di fare una qualsiasi riforma deve pensare 10 volte, visto che il suo potere è legato all'elezione, mentre per BCE ed FMI questo problema non c'è visto che il loro potere è imposto e possono scatenare le più terribili riforme sulla popolazione, senza che noi, politicamente, possiamo fare molto. Attendiamoci quindi maggiori tasse per tutti, forse una patrimoniale ed anche un prelievo forzoso dai conti, dismissione del patrimonio pubblico, aumenti delle accise.
Tutto mentre l'opposizione tutta non fa altro che ripetere lo stesso ritornello da 20 anni "dimissioni". Il problema non è il governo, questo ha solo la colpa di aver accelerato la crisi, ma la sinistra si dichiara ignorante ed inutile continuando ad accusare il governo della crisi: Berlusconi è una merda, ma non è ancora in grado di creare una crisi mondiale.



Insomma, nonostante Berlusconi vuole sminuire il commissariamento, dichiarando che è stato lui a chiedere "certificazioni di lavoro" ad FMI e BCE, la realtà è che l'Italia non è più sovrana e che non si penserà più agli italiani, per la speranza di ri-elezione, ma questi saranno considerati, peggio di ora, come tasse che camminano.

giovedì 3 novembre 2011

Grecia, Euro, BCE, Italia: Miscela esplosiva che si surriscalda velocemente.

Novembre inizia col botto: il Primo ministro greco Papandreu annuncia l'intenzione di indirre una consultazione popolare, per chiedere alla popolazione se vogliono o meno le nuove, dure misure di austerity imposte dall'UE per ottenere l'ennesimo pacchetto di aiuti finanziari.



Mossa astuta e suicida che genera l'irritazione delle potenze dell'eurozona: Francia, Germania e BCE si dichiarano molto irritati per la mossa del governo greco e si augurano che la Grecia accetti gli aiuti internazionali, unica soluzione per (tentare di) salvare la Grecia da un default incontrollato. E lo spauracchio di un default incontrollato genera il cosiddetto "Panic Selling": tutti gli imprenditori detentori dei titoli più deboli d'Europa si sono mossi per vendere i propri titoli velenosi. Infatti, la giornata del 1 Novembre verrà ricordata come una delle giornate più nere dell'economia globale. Le borse europee sono andate in profondo rosso, con Milano che ha chiuso a oltre 5% in negativo, dopo aver raggiunto il -7%. I titoli bancari sono i peggiori, che perdono in tutta Europa circa il 10%. In modo particolare, vanno malissimo le banche francesi, strapiene di titoli greci che si avvicinano al valore di carta straccia. Ma, oltre ai titoli privati e bancari, anche i titoli pubblici non sono andati bene. La Francia ha raggiunto il livello record di 123 pb nello spread tra gli Oat decennali francesi ed i bund decennali tedeschi, con un rendimento del 3,09%. Ma il peggior tracollo lo subisce l'Italia: spread btp/bund che raggiunge il valore record di 459.9 pb, rendimento dei btp decennali al 6.33%. L'Italia traballa, L'Europa trema.



In concerto, arrivano le esortazioni dall'asse Franco-Tedesco anche verso l'Italia, che convoca un Consiglio dei Ministri straordinario per il 2 Novembre. La giornata del 2 Novembre, in attesa del G20, si dimostra una giornata tranquilla, con tutte le borse che lentamente si riprendono e gli spread che si stabilizzano a livelli più bassi ma comunque alti: lo spread btp/bund si stabilizza a quota 432, ben lontano dai 388, livello già altissimo, della settimana precedente. Nelle ore precedente il Cdm, si rincorrono voci riguardanti un prelievo forzoso sui conti correnti, ipoteche sulle case degli italiani, patrimoniale. Alla chiusura del Cdm, alle 22.40, si constata che si è chiuso con un nulla di fatto: bocciato il decreto legge, si va avanti con un maxi-emendamento alla legge di stabilità. Stamattina, 3 Novembre, i mercati hanno dimostrato che le scelte del governo sono pessime, e lo spread è ricominciato a salire, raggiungendo il record di 632 pb mentre i rendimenti decennali dei btp è salito fino al 6.4%. Anche i titoli francesi sentono la pressione, con lo spread che raggiunge i 136 pb e il rendimento che si attesta sul 3.16%.
Questa è la cronaca delle ultime 60 ore circa. I punti da analizzare sono tre: Mossa della Grecia, Risposta dell'Italia, conseguenze sull'UE ed in particolare sulla Francia.



La mossa della Grecia è prettamente politica. Infatti, indicendo un referendum, il governo greco ne uscirà vincitore in ogni caso: se vince il si agli aiuti, la Grecia sopravviverà qualche altro mese mentre le dure e violente proteste saranno delegittimate; se vince il no agli aiuti, la responsabilità cadrà sulla popolazione e non sul governo, mentre la Grecia in un terremoto economico e politico, si allontanerà dall'Euro e non pagherà i suoi immensi debiti. In silenzio, poi, il governo greco ha cambiato tutti i maggiori ufficiali e i responsabili delle forze armate, mossa sinistra in ricordo del golpe militare degli anni '70. La consultazione popolare, però, ha delle conseguenze terrificanti, visto la quasi scontata vittoria dei no, soprattutto in Francia. Molti dei titoli greci sono in possesso delle banche francesi che hanno reagito male alla sola notizia del referendum. Credit Agricole, Bnp Paribas sono stati i titoli peggiori di Parigi, perdendo oltre il 10%. Su Sky, addirittura, è stata data la notizia che un'azienda francese sia andata in default, perdendo oltre il 60% in 5 ore, perchè in possesso di titoli italiani e greci. La Francia, quindi, guarda con occhio preoccupato alla Grecia che può trascinare nel baratro Sarkozy e dare il via al default incontrollato di tutte le economie globali. Per scongiurare ciò, Francia, Germania, FMI e BCE hanno convocato la Grecia per un summit d'emergenza. L'intento di Sarkozy e Merkel è quello di attutire l'imminente tonfo greco, impresa ardua se non impossibile: i titoli greci contaminano tutto il sistema europeo e non saranno i miseri aiuti americani, russi e cinesi a salvare l'Europa. Ma in ogni modo, è un finale scontato visto che la Grecia è già virtualmente in default da molto tempo, con una crescita nulla ed un rendimento dei titoli decennali oltre il 20%. Aspettiamo gli inizi di dicembre, in cui si dovrebbe tenere il referendum, per l'annuncio ufficiale.



Situazione diversa per l'Italia: l'Italia, nonostante non abbia tantissimi titoli greci, ha accusato in modo pesante la notizia del referendum greco. La motivazione sta in una pessima economia ed in un governo incompetente. Come si è sempre affermato in questo blog, la crisi è sistemica e non è figlia dei governi: questi l'hanno solo accelerata con sprechi e una pessima politica economica (vedi Craxi). L'attuale governo, dopo aver per anni negato la crisi, si dimostra completamente impreparata ed incapace di attuare una qualsiasi tipo di (inutile) riforma. Niente patrimoniale, niente Tobin Tax, niente lotta all'evasione o misure per una crescita reale, niente prelievo forzoso sui conti correnti. Non sono riusciti, in 2 ore e mezza in Consiglio dei Ministri, nemmeno a scrivere un decreto legge ma hanno solo approvato un maxi-emendamento alla legge di stabilità, un emendamento vuoto e privo di vere manovre. Sembra che siano diventati tutti anarco-comunisti: vogliono far fallire il sistema, o almeno questo dimostra la loro immobilità in campo economico e di sviluppo.
Nel frattempo, con le misure attualmente in discussione in parlamento, tra cui la questione dell'Art. 18, lo Scontro Sociale sale, la forbice tra ricchi e poveri si allarga e quest'ultimi aumentano. C'è tutto il necessario per una nuova esplosione di violenza, resta solo da aspettare la prossima maxi-manifestazione.
I mercati ora, probabilmente, si stabilizzeranno con la BCE che continuerà a comprare titoli italiani e spagnoli, ma non greci, in attesa di qualche risposta dal G20. La domanda è: ci saranno risposte valide che permetteranno il salvataggio del capitalismo senza crescita?

martedì 1 novembre 2011

Libia: terra di conquista occidentale e terra di disfatta cinese.



20 Ottobre 2011: Muammar Gheddafi viene ucciso dal CNT. Nemmeno il tempo di mostrare il corpo alla folla che la Francia già esultava e dichiarava finita la guerra. Sicura dei contatti avviati durante la guerra civile, la Francia voleva chiudere la pratica Libia per godere, finalmente, dei privilegi conquistati e per stabilire una sua zona d’influenza in Libia. Questo atteggiamento della Francia non è piaciuto ad americani ed inglesi che, seguiti a ruota dal governo italiano nel disperato tentativo di preservare gli affari dell’ENI, hanno subito smentito la Francia, dichiarandosi ostili a qualsiasi cessate il fuoco ed allungando a tempo indeterminato la missione Nato nello Stato nordafricano. A suffragio di questa imposizione anglo-americana, arriva la richiesta del CNT alla Nato di aiutare la ricostruzione del Paese almeno fino a Dicembre.
Degna di nota è la situazione venutasi a creare tra Francia e Italia, veri combattenti di questa guerra per il controllo del petrolio libico, che dimostra l’inesistenza di un blocco imperialista europeo unitario e il suo scoordinamento totale per il perseguimento degli interessi dei singoli Stati. L’Unione Europea nei trattati e nelle intenzioni si propone di formare un nucleo continentale unito nelle politiche estere per combattere il predominio americano, ma il petrolio libico, tra i migliori in circolazione e con un basso costo di lavorazione, fa gola a tutti e gli interessi di due grandi economie come Francia e Italia non potevano che scontrarsi. In questo caso è l’Italia che perde un’importantissima colonia ricca di petrolio a vantaggio dei transalpini che avevano perso la Tunisia e guardano con sguardo preoccupato all’Algeria, vecchi baluardi coloniali francesi ma che risentivano dell’influenza francese come la Libia di quell’italiana. In nord Africa poteva svilupparsi una vasta zona ad influenza italiana, sfruttando la contingenza territoriale e la non-copertura di territori come Tunisia ed Algeria.



Ma il vero obbiettivo dell’imperialismo occidentale è la limitazione dell’espansione della Cina nella  regione a danno del blocco occidentale. La Cina era la prima partner della Libia pre -  guerra civile, con 9 miliardi di dollari di profitti annui. Ma l’affermazione della Cina ha scomodato le potenze occidentali che, sfruttando il malcontento della popolazione, ha espulso la Cina dall’economia della regione. In fondo, il CNT non sono legati da nessuna logica storica: la Libia non è altro che una porzione di nord Africa delineata dal colonialismo italiano che accorpò Cirenaica e Tripolitania. Il CNT, per questo, non erano in grado di vincere la guerra visto che aveva una formazione atomistica e non aveva un punto di riferimento centrale, ruolo poi preso dalla NATO e che ha fatto si che le sorti della guerra cambiassero. La mancanza di un vero collante nazionale, ha fatto si che la NATO potesse trascurare l’attacco via terra visto che avrebbe potuto schiacciare il CNT quando voleva nel caso non perseguisse gli stessi obbiettivi.
Ma questa così disomogenea popolazione ha futuro? Difficile a dirsi visto che la struttura sociale della Libia è basata su tribù che non hanno propriamente gli stessi interessi, e gli scontri sono all’ordine del giorno. Ma cosa ben più importante è che la Libia è diventata zona di contesa mondiale e luogo in cui scaricare i rapporti di forza tra le potenze. Non a caso le azioni occidentali sono avvenute sotto il simbolo NATO e non ONU, proprio per le opinioni negative di Cina e Russia. In ogni modo, ancora una volta le logiche del capitalismo imperialista sembra aver avuto la meglio e l’Italia non è stata all’altezza: restava solo una colonia all’Italia ed ora sembra che sia passata di mano. 

venerdì 28 ottobre 2011

Letterina a Babbo UE

"Caro Babbo Germania e Babbo Francia..."



Potrebbe tranquillamente iniziare così la lettera dell'ennesima figuraccia dell'Italia in Europa. Dopo un richiamo umiliante da parte dei grandi d'Europa e una richiesta di riforme strutturali immediate, l'Italia si presenta a Bruxelles con una lettera d'intenti e nemmeno uno straccio di bozza di riforma. Lettera che sarà un vero incubo per i lavoratori, visto che al suo interno si conferma la linea secondo cui gli unici che devono pagare la crisi siano i giovani e gli operai. Ma analizziamo la lettera: i temi centrali sono 4: Art. 18 Statuto dei Lavoratori, Pensioni, Dismissione Patrimonio Pubblico, Riforma Costituzionale.

Primo tema fondamentale è l'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, il cosiddetto licenziamento per giusta causa. L'art 18 afferma che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o per giusto motivo. In assenza di questi presupposti, il giudice dichiara l'illegittimità  dell'atto e ordina la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro. In alternativa, il dipendente può accettare un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultimo stipendio, o un'indennità crescente con l'anzianità di servizio. Nella lettera inviata all'UE si dichiara la volontà di cancellare questo diritto dei lavoratori.  Secondo le dichiarazioni della maggioranza, questo provvedimento genererà una maggior mobilità del mercato del lavoro.Vero, una maggior libertà di licenziare genererà una maggior circolazione del lavoro. Il governo, però, sembra non voler mettersi nei panni degli operai, quindi procedo con il fare alcune domande a questo inutile governo: Come può un operaio metalmeccanico 50enne, una volta licenziato, ritrovare lavoro in tempo di crisi? Il governo ha accennato al sostentamento degli operai licenziati con la cassa integrazione, ma pagando la cassa integrazione i vantaggi per lo Stato, economicamente, non ce ne sono. Come può aiutare la crescita un provvedimento che da la possibilità agli imprenditori di licenziare gli operai quando vogliono e come vogliono? E' assurdo pensare che dal licenziamento facile si possa passare alla crescita del PIL, anzi, se si facilita il licenziamento, e quindi si manda gente per strada, che quindi non potrà pagare le tasse, il gettito diminuirà ed il debito aumenterà.

Secondo tema, forse il più complicato: le Pensioni. Già, perchè su direttiva europea, l'Italia ha dichiarato l'intento di aumentare gradualmente l'età pensionabile fino a 67 anni. Ma quando si parla di pensioni nella lettera, non si fa una distinzione tra lavori usuranti e non. Attualmente c'è una differenza tra la quantità di contributi per ottenere la pensione tra i lavori usuranti (operaio edile, metalmeccanico etc), e lavori non usuranti (professore, impiegato etc). Nella lettera tale differenza non è sottolineata, il che è alquanto preoccupante: come può un operaio edile o metalmeccanico lavorare fino a 67 anni? E' fisicamente impossibile.
Altro punto del tema pensioni è l'equiparazione dell'età pensionabile tra Uomo e Donna, poichè, a detta del governo, le donne vivono di più e quindi devono lavorare di più. Devo ricordare al governo che la maggior parte di queste donne, in realtà, hanno due lavori? Caro Governo, una donna, semmai sia così fortunata da trovare lavoro, quando torna a casa ha il lavoro da casalinga, altrettanto stancante, quindi questa manovra è ridicola e sessista. Siamo alla frutta.
Ennesimo punto pericoloso. Negli intenti del governo c'è la volontà di eliminare le pensioni di anzianità di contributi: in pratica, se prima si andava in pensione a 55 anni perchè si era lavorato e versato i contributi per 40 anni (presupponendo, per esempio, di aver iniziato a 15 anni), negli intenti del governo c'è la voglia di cancellare l'età contributiva e di prendere in considerazione solo quella anagrafica. In pratica, si otterrà la pensione solo se si avrà almeno 45 anni di contributi ed almeno 67 anni, sennò crepi sul posto di lavoro. Tutto questo, ovviamente, mentre non si toccano i vitalizi e gli stipendi dei parlamentari.



La reazione dei sindacalisti arriva da chi meno te lo aspetti: la Cisl di Bonanni. Ebbene si, a quanto pare il buon Bonanni sembra voler fare il sindacalista, finalmente, dichiarando guerra aperta al governo per quanto riguarda questi provvedimenti. Ma dopo aver fatto sognare i lavoratori, subito affossa quanto di buono fatto per circa 30 secondi. Infatti, Bonanni si dichiara favorevole ad uno sciopero generale ma non vuole assolutamente affiancarsi alla CGIL di Camusso e di Landini. Ed il castello di carte cade.

Terzo Punto è la dismissione del Patrimonio Pubblico. Il governo ha enunciato la volontà di mettere all'asta molto del patrimonio pubblico immobile, prevedendo un entrata di 5 Miliardi di euro per 3 anni. Come al solito, il governo si dichiara ingenuo, oppure lo fa per cercare di prendere per i fondelli l'UE. La dismissione del Patrimonio Pubblico avviene tramite asta. La prima gara, come di consueto, andrà deserta e il governo dovrà abbassare il prezzo. Con un governo alla canna del gas, è facile pensare che gli imprenditori disertino più di una seduta d'asta per acquistare ciò che gli interessa ad un prezzo molto minore. Ergo, le previsioni di entrate sono alquanto fuori luogo e non veritiere.

Ultimo punto è la riforma costituzionale che prevede riduzione del numero dei parlamentari, abolizione delle provincie e federalismo. Nulla da dire su questi provvedimenti, più che mai necessari ad oggi. Ma dov'è il problema? Il problema sta nei tempi: queste riforme sono state promesse entro Maggio 2012, ovvero entro 5 mesi. Ma le riforme costituzionali prevedono dei tempi lunghi per la scrittura e per l'approvazione. Infatti, le riforme costituzionali devono fare due giri di parlamento: devono essere approvate, in ordine, da camera e da senato, poi dopo 3 mesi di nuovo da camera e senato. Per essere approvata, la riforma deve essere approvata dai 2/3 dell'emiciclo, in caso contrario si farà un referendum, non prima di 2-3 mesi. Se per la prima volta il governo sarà celere, la riforma dovrebbe essere presentata a metà Novembre. Se tutto va bene, verrà approvato verso Marzo. E se la maggioranza dei 2/3 non c'è? Si dovrà andare a referendum, e quindi si arriverà almeno a Maggio-Giugno. In ogni caso, saremo in ritardo, sempre se il popolo italiano approverà la riforma.



Ma, ancora una volta grave, non c'è una riforma che tocca lo sviluppo, anzi si passa alla legalizzazione dell'evasione tramite condoni e alla più totale precarizzazione del lavoro, non si accenna ad una lotta all'evasione nè alla stabilizzazione del lavoro. Se queste sono le nostre ricette contro la crisi, il ristorante, come già sapevamo, è uno dei peggiori. Sicuramente non ne usciremo così dalla crisi. Speriamo almeno che, al momento in cui si toccano i diritti dei lavoratori questi si ribellino per dare una bella lezione alla casta che colpisce sempre e solo le fasce deboli della popolazione.

mercoledì 26 ottobre 2011

La crisi e le particolarità italiane.

La crisi sta distruggendo il sistema, ormai, per chi legge il mio blog, dovrebbe essere chiaro. Ma perchè in Italia sembra essere molto più pesante rispetto alla crisi in Francia o Germania? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un salto a più di 40 anni fa, tornando agli anni '70, all'epoca del dominio dei super partiti PSI e DC.



Ebbene si, quando Berlusconi dice che la crisi è un eredità della sinistra degli anni '80 non dice una balla, anzi dice un fatto verissimo, inascoltato dai più per convenienze politiche.
Tutto nasce con la presa del potere di Bettino Craxi: Craxi, durante i suoi mandati, ha attuato una politica economica aberrante. Di fronte ad una crisi di produzione iniziata agli inizi degli anni '70, Craxi risponde in modo anomalo e sconsiderato. Pur di mantenere e mostrare una "belle epoque" tutta italiana, i governi invece di finanziare il debito pubblico tramite una vendita di titoli di credito, taglio dei privilegi, patrimoniale etc, il governo risponde alla crisi di produzione stampando moneta. Chiunque ha studiato economia sa che stampando moneta, si sviluppa un immensa inflazione e, paradossalmente, si impoverisce la comunità. L'aumento dell'inflazione e l'aumento dell'offerta di moneta nel mercato ha fatto si che il Paese potesse continuare a spendere a più non posso, il tutto senza la minima ombra di protesta della popolazione poichè, visto l'aumento dell'offerta di moneta, vedeva una retribuzione del lavoro molto alto rispetto al passato. Ma quel denaro valeva di meno, vista l'inflazione a due cifre e l'aumento sconsiderato dei prezzi: purtroppo, per la classe operaia, non era possibile analizzare questa dinamica e questa ringraziava addirittura il governo. Testimonianza sono le parole di mio nonno: "Quando c'era la DC e il PSI si viveva meglio perchè ci pagavano di più e con i rendimenti sui BOT i miei compaesani si sono arricchiti e tutto grazie ad un controllo assente sull'evasione". Nonno ha nominato i rendimenti sui BOT, nonostante non abbia studiato. Dati alla mano, si nota che negli anni '70-'80 l'Italia non finanziava il proprio debito pubblico in modo classico (con i btp decennali) ma lo finanziava aumentando la quantità di moneta in circolazione. Ma non solo: il governo attuò una politica di finanziamento del debito tramite i buoni fruttiferi postali: per un periodo di tempo i rendimenti di questi buoni fruttiferi (che sono titoli di credito a lunga scadenza, spesso trentennali) raggiungevano un rendimento del 15%, e se si tenevano i soldi alla Posta più del necessario, maturavano addirittura gli interessi sugli interessi. Questa politica ha fatto si che si allargasse la differenza tra la ricchezza degli italiani e la ricchezza del Paese, e attualmente la ricchezza degli italiani è 5 volte quella dell'Italia. Possiamo quindi affermare che molti dei soldi che mancano nella voragine del debito pubblico italiano sono ora nelle tasche degli italiani, sotto forma di palazzi e beni immobili, soprattutto.
Altra parte importante dell'affermazione prima riportata è l'assenza totale dei controlli. Stiamo parlando di quel periodo in cui i contrabbandieri giravano liberi, dove il lavoro nero soprattutto al sud era la regola e dove le norme erano solo lettera morta. E questo, ovviamente, ha alimentato il debito pubblico sovrano. Il tutto ovviamente mentre la crescita stava rallentando e senza manovre e provvedimenti per farla ripartire. Dalla nascita della seconda repubblica, la musica è cambiata: i tecnici del settore hanno denunciato la politica craxiana e si è preferito finanziare il debito pubblico in modo classico, il tutto (come al solito) senza aiutare la crescita nè tagliare le spese della politica. Tutto questo ha fatto si che il debito pubblico italiano aumentasse in maniera sconsiderata, ma dare la colpa al primo Berlusconi e all'ultimo Craxi è da stupidi, poichè quel debito c'era ma era nascosto dalle macchinazioni precendenti.
Il sistema italiano è fallito al momento dell'adozione dell'Euro. Infatti, adottando l'Euro, la Banca d'Italia non aveva più il potere di stampare moneta, potere delegato alla Banca Centrale Europea, e quindi l'Italia non aveva più quell'indipendenza economica per poter far fronte in modo "sporco" alla morìa di fondi. Questo ha fatto aumentare ulteriormente il debito pubblico, raggiungendo il momento critico in questi mesi.



Ma chi detiene il debito pubblico? Il debito pubblico è detenuto soprattutto da famiglie italiane e Banche italiane, entrambi sotto direttiva dei governi. Altro debito è detenuto da banche e governi esteri, in particolar modo Francia, Cina, Inghilterra, Germania, USA. Il fatto che il debito italiano è detenuto da potenze come Francia e Germania, giustifica le parole dell'UE secondo cui "L'Italia non è a rischio ma è il rischio dell'UE". Un eventuale crollo del sistema italiano metterebbe a rischio l'esistenza della moneta unica e dell'Unione Europea stessa ma soprattutto dell'intero sistema globale. E a rendere la situazione ancora peggiore, c'è la grande esposizione delle banche italiane al debito greco, il che mette l'Italia in una posizione pessima, seconda solo alla Grecia.



Insomma, se avessimo avuto governi seri, il problema sarebbe stato molto più lieve oggi e il sistema vigente sarebbe entrato in crisi molto più tardi. Magari, non dovendo pensare all'Italia, l'UE sarebbe riuscita anche a salvare la Grecia, ma attualmente non è possibile: le banche sono troppo esposte e la recessione in Grecia, come in Italia (l'OCSE prevede una crescita del PIL del -2%) non aiutano chi vuole salvarci. Inoltre, anche il governo attuale sta adottando misure ridicole, senza combattere realmente l'evasione e senza imporre una sacrosanta patrimoniale ma anzi deprimendo i consumi con l'aumento dell'IVA, dimostrando l'incapacità degli attuali governanti. Tagliare fondi alla scuola, tagliare posti di lavoro, precarizzare il lavoro, aumentare l'età pensionabile sono misure inutili quanto dannose, in quanto danneggiano i consumi, creano disoccupazione e, quindi, diminuiscono la gittata fiscale. L'incapacità dei governanti hanno accelerato la crisi, soprattutto in Italia, per lo più i dati e i provvedimenti adottati non sono affatto rassicuranti il che mette l'Italia in una situazione non invidiabile dal resto d'Europa.

lunedì 24 ottobre 2011

Prove di crollo: Italia e Spagna bocciate.

Droga: questa è la soluzione della BCE. Si, la droga, la BCE droga i mercati per tenersi a galla, per tenere a galla il sistema, tiene a galla l'UE, tiene a galla Italia e Spagna. Per chi non lo sapesse, venerdì il fallimento del sistema si è affacciato di nuovo sull'UE.
Tutto è partito a metà settimana: come una doccia gelata, arriva la notizia che l'agenzia di rating Moody's ha messo sotto osservazione i conti pubblici francesi. La risposta dei mercati arriva all'istante, con un aumento dello spread tra titoli francesi e titoli tedeschi che arriva a 115 punti base (record per la Francia). Un simile crollo dei titoli francesi, seconda più grande economia dell'Eurozona, non poteva passare inosservata e così è stato. Giovedì lo spread dei titoli Italiani e Spagnoli rispetto ai bund tedeschi, sulla scia di quelli francesi, si è allargato, ed alla chiusura dei mercati lo spread btp/bund era a quota 394 punti base, con il rendimento dei btp decennali arrivati a quota 5.95%. Ma il peggio non era passato: Venerdì mattina, verso le 11, i titoli italiani hanno raggiunto un rendimento del 6.03%. con uno spread intorno ai 411 punti base. Situazione simile, anche se con valori più bassi, si è vissuta in Spagna. Dopo aver superato i 400 punti base, la BCE scende in campo, e decide di acquistare btp italiani e bonos spagnoli, abbassando spread e rendimento. Alla chiusura dei mercati, lo spread btp/bund era sceso fino a 388 punti base.
Ma, in pratica, questo cosa significa? Ricordiamo una cosa: dal 5 Agosto, giorno in cui i titoli italiani hanno sfondato la barriera del 6%, la BCE acquista titoli italiani. Ne ha acquistati regolarmente fino a metà settembre, per poi diminuirne gli acquisti man mano. L'acquisto dei titoli da parte della BCE rappresenta una droga per i mercati, visto che abbassa artificiosamente i rendimenti dei titoli degli stati a rischio. Nella settimana in cui la Francia mostra i primi veri segni di sofferenza alla crisi, Spagna e Italia crollano in modo vistoso, dimostrando la loro inefficienza in campo economico e l'inaffidabilità dei propri titoli. Il fatto che la BCE ogni tanto è obbligata ad acquistare titoli, dimostra come l'economia italiana sia comparabile ad un vegetale: vive solo perchè attaccata alle macchine. Se non fosse per la BCE, probabilmente il bel paese sarebbe diventato un Paese fallito già qualche mese fa...
Tutti gli acquisti della BCE, tra le altre cose, commissariano il Paese. Ricordo che da quando la BCE acquista i titoli italiani, il governo ha varato ben 5 manovre finanziarie volte a tagliare qui e lì la spesa pubblica, tagliare pensioni, fondi. Insomma, la BCE acquista titoli in cambio di riforme e il governo riforma tagliando alla povera gente. Ok, tralasciando il fatto che io non credo che il sistema e quest'economia possa guarire, il fatto che il governo non ci stia nemmeno obbiettivamente provando è decisamente grave. Come si pensa di tagliare il debito pubblico senza una vera manovra per la crescita? Tassando la popolazione, si taglia il potere d'acquisto, si diminuiscono consumi e occupazione e quindi la gittata fiscale dello Stato crolla. Immagino che questo un economista come Tremonti lo sa. Ma allora perchè si diverte a tagliare qui e li? L'unica risposta che mi viene, è un paragone con gli Stuart in Inghilterra e con l'aristocrazia in Francia durante i periodi rivoluzionari, in cui si dimostrarono miopi e testardi di fronte all'imminente fine.
Se con una piccola scossa come l'avviso alla Francia, cosa succederà quando ci sarà il terremoto greco?



Io ribadisco il mio pensiero secondo cui il sistema ha raggiunto il punto di non ritorno, cioè quella situazione in cui non ci sono modi che salvino il sistema senza gravi traumi per le economie e le civiltà di tutto il globo, ma se proprio ci fosse un modo per salvare il sistema il nostro governo non lo segue, il nostro governo si sta dimostrando inadatto al compito, con il loro mondo benestante parallelo alla realtà e con la vista offuscata dai propri interessi di classe, chi paga il prezzo più alto siamo noi, la povera gente. Il condono fiscale ed edilizio non favorisce la crescita, la libertà di licenziare senza motivo un operaio nemmeno. Anzi, paradossalmente diminuisce ancora di più la gittata fiscale, aumentando quindi il debito pubblico. Ma ai nostri politici, ai nostri governanti, alla classe borghese oggi dominante non interessa e si approfitta del nostro stato vegetativo, al nostro stato di dormi-veglia per distruggere gli ultimi residui di Welfare State. Fin quando la popolazione che realmente paga questa crisi non prenderà iniziativa, la situazione non migliorerà. Prepariamoci a tempi duri.

lunedì 17 ottobre 2011

Indignados: Il movimento più inutile della storia.

Mi scuso in anticipo per la lunghezza di questo pezzo. Per illustrare il mio pensiero è necessario un lungo excursus che parla della mia teoria sulla crisi. Se non lo illustrassi, il mio pensiero sugli scontri di Roma non sarebbe chiaro.



Crisi Economica. La crisi economica può essere paragonata a Dio, in un certo senso. E' causa e conseguenza degli scontri sociali, delle proteste e della stessa crisi economica.
La crisi, innanzitutto è una crisi generale e stagionata. La crisi è nata negli anni '70 quando, a causa di una crisi di produzione, l'economia globale si è spostata dall'economia reale all'economia virtuale, dalla produzione alla finanza. Con la produzione si redistribuisce reddito, si distribuisce lavoro e quindi c'è uno sviluppo dell'intera società. Dallo sviluppo dell'intera società, lo Stato esce vincitore perchè con l'aumento del reddito e il sistema di tasse proporzionale sul reddito, lo Stato incassa più denaro che viene speso per il Welfare o per qualsiasi altra spesa dello Stato. Sotto un regime di economia basata sulla produzione, la ricchezza è reale e viene redistribuita per la necessità di forza lavoro.
Dagli anni '70 in poi, questo regime di economia basato sulla produzione non ha più prodotto profitto per gli imprenditori, che hanno preferito spostarsi sull'economia globale. Tra le motivazioni dello spostamento da economia reale ad economia virtuale, le più importanti sono: aumento costo del lavoro, globalizzazione, saturazione mercato.
L'aumento del costo del lavoro genera, ovviamente, un aumento del costo delle merci. L'aumento del costo del lavoro è figlio di una sempre più forte richiesta e concessione dei diritti ai lavoratori e ad una sempre più grande massa di lavoratori qualificati che, si danno merci di qualità superiore ma sono anche più costosi. Quest'aumento dei diritto dei lavoratori e del costo del lavoro, ha dato vita alla globalizzazione. La globalizzazione permette alle industrie mondiali multinazionali di poter produrre altrove rispetto alla casa madre, in posti dove i diritti dei lavoratori e il costo del lavoro sono inferiori, per poter vendere in madrepatria a prezzi minori e, nel frattempo, tramite la distribuzione del reddito nel paese produttore, creare un nuovo mercato dove alla lunga sarebbero stati acquistati quei prodotti. Emblematico è il caso di Cina, India e Brasile in primis, che ad oggi grazie alla globalizzazione vivono un periodo di boom economico inimmaginabile a quei tempi. Ma anche questo fenomeno era un fallimento, almeno per le economie già sviluppate, come gli USA e gli Stati dell'UE. Infatti, anche se si produceva a costo minore altrove, in questi Paesi si producevano in ogni caso due conseguenze di tale sviluppo: la saturazione dei mercati e la distruzione dei mercati. Infatti, con il capitalismo che si prefigge un continuo e costante sviluppo, negli anni '70-'80 si è arrivati alla saturazione del mercato e quindi alla produzione del superfluo. Questo surplus di merci, però, non poteva essere assorbito nemmeno per "sfizio" dai mercati occidentali poichè questi, con la delocalizzazione della produzione e la non-redistribuzione del reddito e della ricchezza, sono stati distrutti.
Gli imprenditori e le banche, quindi, si sono ritrovati da un lato un mercato distrutto dalla globalizzazione (il mercato occidentale), dall'altro lato un mercato in ascesa e che nel giro di pochi anni, con la redistribuzione della ricchezza tramite salari, sarebbe stato un mercato gigantesco. Ma nel frattempo, gli stessi imprenditori e le banche non avevano un mercato dove poter fare profitto. Fecero quindi riferimento del mercato virtuale.
La finanza fa riferimento a soldi virtuali, non realmente esistenti. Il sistema si basa sui titoli di credito e di debito e sulla non-redistribuzione del reddito: nella finanza, ci si arricchisce in pochi con somme altissime senza avere costi. Infatti, i titoli sono solo pezzi di carta e non creano costi di mantenimento nè abbisognano di forza lavoro da stipendiare. In pratica, con la finanza si affamano gli operai per arricchire quei pochi imprenditori che possono giocare in borsa (non è un caso che negli USA, la più grande economia del mondo, il 50% della ricchezza è detenuto dall'1% della popolazione...)
Facciamo un esempio con gli USA (non con l'Italia poichè ha un grande problema con l'evasione, problema invece trascurabile negli USA): immaginiamo che negli USA ci sia un'occupazione altissima che genera quindi reddito e mercato. Da questi redditi lo Stato ha un introito sicuro e molto alto. Con la delocalizzazione della produzione e la fine della redistribuzione di ricchezza tramite reddito, lo Stato ha avuto incassi minori, visto che il sistema fiscale si basa su una percentuale dei singoli redditi. Ora, con il crollo dell'occupazione e dei redditi e con il conseguente crollo degli introiti dello Stato, lo Stato ha dovuto indebitarsi con le Banche per mantenere le proprie spese e rilasciare titoli di credito, dal valore irreale, concedendo un tasso d'interesse alle banche. Ma visto che una ripresa del PIL senza un aumento dell'inflazione, in condizioni di non-redistribuzione del reddito, è impensabile, lo Stato ha cominciato ad indebitarsi profondamente. Inoltre, con le crisi di alcune banche e l'impegno di governo a salvarle, si è trasformato il debito privato di un impresa/banca in debito pubblico degli americani. Questo debito pubblico, ovviamente, per essere ripagato cade sulla popolazione che forma lo Stato tramite aumento delle tasse, che a sua volta, però, genera un restringimento del potere d'acquisto salariale e una restrizione del consumo. E' un circolo vizioso che non può essere fermato senza traumi e conseguenze devastanti.



La crisi attuale che è tutta finanziaria si è sviluppata nel 2008 in America. Con il fallimento di varie imprese in tutta la sfera occidentale, e con il salvataggio di queste imprese da parte dello Stato, abbiamo assistito ad un trasferimento di debito dal pubblico al privato. Esempio recente è la nazionalizzazione della Dexìa da parte di Francia e Belgio: con questa mossa, i debiti della Dexìa si sono trasformati in debiti dei francesi e dei belgi. Dalla crisi, dalla riduzione dei consumi e dalla riduzione dei salari, prima nazione ad uscirne sconfitta fu l'Argentina che dichiarò default e gettò nella crisi generale le banche che non potevano più riavere i soldi prestati. Altra nazione è stata l'Islanda che nel 2009 ha dichiarato default a furor di popolo e con un referendum popolare ha deciso di non pagare i propri debiti con Olanda ed Inghilterra. L'Islanda però è andata oltre: ha dichiarato illegale e nazionalizzato le banche, ha arrestato i banchieri ed ha deciso di chiudere le porte al capitalismo ed all'economia mondiale. Scelta audace ma stupida, in un sistema di economie interconnesse e in uno Stato dove le più vitali risorse non sono disponibili, quest'esperimento porterà solo miseria, alla lunga. La piccola economia islandese e il collasso Argentino non sono niente però di fronte alla crisi della Grecia. La Grecia, ad oggi, è il Paese più colpito dalla crisi. La sua economia era già debole ma con la crisi della finanza, la corruzione dilagante e la crescita assente, rappresenta ad oggi la mina vagante di tutta l'economia occidentale. Infatti, la Grecia è stata aiutata dalla BCE con svariati migliaia di miliardi di Euro a patto che fossero varate misure di Austerity e tagli selvaggi. Ma i tagli selvaggi e l'aumento delle tasse, come abbiamo già detto prima, senza misure per lo sviluppo non potranno mai ripagare un debito enorme. L'aiuto della BCE consiste nell'acquisto di titoli Greci, quindi, nel momento in cui il governo greco annunciasse il default e che non può più ripagare i propri debiti, la BCE vedrebbe trasformati i migliaia di miliardi di Euro di titoli greci in carta straccia. Una perdita di queste dimensione della BCE genererebbe una crisi totale e devastante, poichè la BCE non è altro che una compartecipata di tutte le banche centrali della comunità europea. Ergo una perdita della BCE si trasformerebbe in una perdita di tutte le nazioni, e per nazioni già sull'orlo del baratro come Portogallo, Irlanda, Belgio, Spagna e Italia sarebbe la fine. Ma dal possibile default di economie grandi come quelle di Spagna e Italia, genererebbero, in primis, la fine dell'Euro, ma soprattutto la fine del capitalismo. Con la situazione di interconnessione delle economie assisteremo ad un effetto domino che partirà, verosimilmente dalla Grecia, passerà per Portogallo, Irlanda, Belgio, Spagna e Italia, arriverà a tutta Europa per poi passare agli USA che contageranno la Cina, visto che detiene molto debito pubblico americano. Insomma, anche un'economia in pieno sviluppo come la Cina, subirebbe un trauma che è molto più pesante della crisi del '29.
Ma come funziona il default? Quando una nazione da default, dichiara l'impossibilità di pagare i propri debiti. La prima cosa che farà la Grecia dopo il default sarà l'uscita dall'Euro, sostituita da una moneta di almeno il 50% in meno di valore per cercare di attirare capitali esteri in Grecia per investire. Ma tale provvedimento sarebbe completamente inutile per l'instabilità del Paese. Dopo il default l'inflazione impenna falcidiando i redditi e generando un aumento dei prezzi inimmaginabile facendo si che anche il ceto medio si ritrovi a fare il conto con la fame. Ebbene si, nel 2011 potremmo tornare a parlare di fame in occidente perchè con un aumento sconsiderato dei prezzi, assenza di lavoro o salario immobile, la vita sarà difficile e non sarà impossibile assistere a "lotte per l'ultimo pezzo di pane" che siamo abituati a vedere in tv in zone disastrate da carestie o fenomeni naturali.



Ma come si arriva al default? Oltre a tutte le vicende macroeconomiche globali, un fenomeno che accelera la crisi è il "bank run". In pratica, tutti i risparmiatori che hanno dei depositi bancari si recheranno agli sportelli per ritirare il proprio denaro prima che sia troppo tardi. Infatti, ad un certo punto, le banche chiuderanno gli sportelli e sarà impossibile ritirare il proprio denaro che sarà usato per ripagare i debiti. A tale fenomeno abbiamo assistito qualche settimana fa proprio nel caso della Dexìa, che in poche settimane aveva visto ridurre del 70% il valore delle sue azioni e una perdita in borsa in soli 2 giorni del 30%. Il bank run, generando una moria di liquidità, accelererà l'inevitabile capitolazione del Paese.
Insomma, a causa dell'interconnessione delle economie, la crisi globale è dietro l'angolo.
Ma cosa succederà dopo? Non sono un indovino, ma io vedo 3 possibili scenari: Accordo, Guerra, Nuovo Sistema. L'Accordo prevede che tutte le più grandi potenze mondiali si siedano ad un tavolo e decidano di azzerare i propri debiti e ripartire da zero. Tale scenario ha un limite rappresentato dalle economie nascenti, in primis Cina, Brasile e India. Siamo sicuri che queste tre nazioni accettino? In fondo, se si salvano, possono diventare le nuove potenze mondiali...
La Guerra prevede un duro scontro, susseguente al fallimento dell'accordo, in cui si distrugge e si ristabilisce un equilibrio mondiale. Dalla distruzione si passerà alla costruzione, generando quindi lavoro e si potrebbe far ripartire il sistema. Il limite di questo scenario è che attualmente le economie non hanno abbastanza denaro per poter pensare di prendere parte ad un conflitto mondiale.
Il Nuovo Sistema prevede l'instaurazione di un nuovo sistema alternativo al Capitalismo con cui ricominciare. Un sistema alternativo può essere il Comunismo, ma dopo il fallimento nellURSS è improbabile si passi a quello, anche se i comunisti che hanno studiato Marx sanno bene che il comunismo, nel caso che sia applicato in modo globale, ha la possibilità di funzionare. Altro limite è che un altro eventuale sistema non è stato ancora concepito...

Insomma, gli scenari e i presagi non sono dei migliori.



Passiamo ora agli indignados, ma prima devo far riflettere sulla parola "Manifestazione". Una manifestazione è un momento in cui un gruppo di individui si riunisce per protestare contro un potere superiore (padronato, Stato etc.) creando disagi affinchè tale potere superiore ascolti le istanze dei manifestanti. All'inizio le manifestazioni erano fatte da lavoratori delle singole fabbriche che per ottenere diritti incrociavano le braccia e recavano danno all'azienda che non produceva. I lavoratori non lavoravano finchè non si raggiungesse un accordo, accordo che voleva essere preso da entrambe le parti per tornare ad incassare il salario, per i lavoratori, e tornare a produrre, per il padronato. Ebbene, con la concessione dei diritti da parte del padronato, spinto dallo Stato, i lavoratori non si sono accorti della distruzione del mezzo dello sciopero. La situazione odierna presenta una situazione ridicola. Le manifestazioni, infatti sono state regolamentate per prevenire disagi, ma de facto sono state svuotate del loro significato. Pensateci, che disagio creano gli autisti dei mezzi pubblici se garantiscono le fasce di massimo spostamento e avvisano lo sciopero mesi prima? Che disagio crea un corteo di studenti lungo il corso Umberto a Napoli se questo è stato annunciato mesi prima e non blocca la città? Come si può pensare di ottenere qualcosa se non si crea obbiettivamente disagio? Addirittura, per radio, ho ascoltato un giornalista che elogiava gli indignados americani perchè avevano accettato di scioperare solo in Zuccotti Park senza avvicinarsi al ponte Brooklyn ed a Wall Street. Per questo, gli indignados di tutto il mondo sono, a parer mio, miopi e stupidi. Non ha nessun senso sfilare per strada a ballare truccati da pagliacci, con una maschera di drago sulla faccia o suonando tamburi. Significa solo fare il loro gioco, e cioè continuare a subire in silenzio le ingiustizie. Lo sciopero, la manifestazione deve essere illegale e creare disagi e, in alcuni casi, violenta. Le istanze del ceto medio e basso, le istanze dei giovani che non vedono un futuro come l'hanno visto i propri genitori e la generazione precedente, non verranno ascoltate da questi governi che rappresentano sempre la borghesia benestante. Inutile fare distinzioni tra destra e sinistra, entrambe sono rappresentanti di una stessa classe sociale, la borghesia, e noi giovani, operai, studenti siamo solo pedine che loro muovono per strumentalizzare anche il più piccolo passo per strada.



Per il caso italiano, da buona tradizione, la protesta è stata strumentalizzata sia da destra che da sinistra, che dalle violenze leggono, se sono abbastanza intelligenti, una minaccia al sistema in cui loro sono i detentori del potere. PDL, PD, UDC, IDV, tutti vittime del perbenismo usato per diffondere paura tra la gente e mantenere lo status quo del sistema di interessi. Anche i "comunisti" di SEL si sono dissociati. Ma come, i comunisti, che per definizione vogliono, o almeno, dovrebbero volere un cambio del sistema si oppongono ad un sintomo di rivolta sociale che potrebbe essere una sua pre-manifestazione? Siamo al paradosso...



Si, io credo che quei "black bloc", gli "incappucciati" che sono stati satanizzati dai media, sono solo un misto di anarchici, infiltrati, esasperati ed idioti. Gli idioti sono quelli che volevano semplicemente distruggere qualcosa; gli esasperati sono quelli che non vedono una vita davanti al loro cammino e ricorrono alla violenza, senza consapevolezza però; da buona tradizione italica c'erano degli infiltrati che hanno aiutato ed agevolato gli scontri e la distruzione in modo da poter demonizzare ogni istanza di cambiamento espressa dalle giovani generazioni; gli anarchici, forse il gruppo che è arrivato a Roma consapevole di ciò che succede nel mondo, consapevoli che il mondo non può andare avanti con questo sistema e che le "Manifestazioni Civili" non servono a nulla, ma mettere a ferro e fuoco la città ogni 5 mesi non serve a nulla. Servirebbero piuttosto attacchi mirati, come alle sedi centrali delle banche, oppure occupazione di sedi antistanti a borse e banche per impedire di svolgere il proprio lavoro, per impedire di ammazzarci il futuro. Ma il perbenismo, vero cancro d'Italia, distrugge un puro movimento di insorgenza e di cambiamento. I perbenisti dicono "la violenza non serve", "la violenza non deve essere usata". A questi perbenisti dico: ma in 30 anni di proteste pacifiche, avete mai ottenuto qualcosa? Nell'autunno scorso, gli studenti hanno dato vita ad un movimento pacifico contro la riforma Gelmini. Sbaglio o quella riforma è ancora in vigore? La protesta pacifica è servito a qualcosa? L'unica cosa che ne è scaturita dal perbenismo dominante è stato la dissoluzione del movimento, con i ragazzi che non credevano più potessero ottenere qualcosa. I veri violenti sono i politici perbenisti che hanno distrutto il futuro di milioni di ragazzi con i loro privilegi e la loro malapolitica e che "girano la frittata" a proprio vantaggio leggendo le violenze come opera di teppisti e non di rivolta sociale.



Fin quando gli Indignados o, per esempio, il Popolo Viola non rinuncerà alla cura del sistema riposizionando il proprio obbiettivo sulla distruzione del sistema stesso, questi movimenti saranno inutili, miopi, stupidi. Non ho mai letto di proteste non violente che hanno funzionato... e non mi parlate di Gandhi perchè il popolo indiano ha scacciato gli inglesi boicottando i prodotti inglesi, trasformando il mercato indiano da buono ad inutile per gli inglesi, pensare che gli inglesi sono andati via perchè gli indiani si facevano menare in silenzio è essere miopi, stupidi, illogici. Il sistema sta cadendo e non sarà l'esautorazione dei privilegi dei politici a salvare il sistema, anche se lo terrebbe in vita un pò più di tempo soprattutto in Italia, ma sarà la rivolta contro il sistema per un evoluzione sociale dell'umanità