Debito Pubblico Italiano

giovedì 22 dicembre 2011

Il pareggio di bilancio in Costituzione: un suicidio politico


Nei giorni della manovra e dei tira-e-molla tra Governo, partiti politici e parti sociali c’è un tema di cui tutti sembrano d’accordo. E di conseguenza, di cui nessuno si cura: il vincolo di pareggio di bilancio inserito nella Costituzione. Tale provvedimento è visto come buono e giusto da gran parte dei politici non solo italiani, ma anche europei. E’ anzi caldamente raccomandato dai teorici della rigidità fiscale, Angela Merkel in primis. Si tratta, in poche parole, di inserire nelle carte costituzionali europee il divieto di accumularedeficit di bilancio. In Italia tale misura è stata già votata ed approvata, ma per le riforme costituzionali serve una doppia approvazione sia alla Camera che al Senato, ragion per cui non è ancora entrata in vigore. La parte più importante di tale modifica all’art.81 della Costituzione recita:
Nel bilancio delle Pubbliche Amministrazioni, dello Stato e delle Regioni, le spese totali
non possono superare le entrate totali. Il ricorso all’indebitamento non è consentito. La legge
regola le modalità di applicazione del principio del pareggio di bilancio ai singoli livelli di
governo tenendo conto del ciclo economico, e garantendo comunque il rispetto dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali

Le argomentazioni a sostegno di questa misura sono molteplici: essa permetterebbe di rassicurare i mercati circa le reali intenzioni dei Governi di porre fine alla crescita del debito pubblico e di impegnarsi a mantenere politiche di bilancio più oculate. Ma è davvero necessario legarsi le mani inserendo un tale vincolo nella carta Costituzionale? I deficit di bilancio non sono necessariamente un problema, come la crisi del debito ci ha abituato a pensare, ma sono anche il modo attraverso cui un’economia può riprendersi da una recessione. I politici che oggi votano (pressochè all’unanimità) e plaudono al pareggio di bilancio in Costituzione, sembrano aver dimenticato le lezioni della storia. Dalla Grande Depressione degli anni ’30 non ne uscimmo mediante le politiche di austerità, ma grazie al “New Deal” di Roosevelt, che permise la ripresa dell’economia grazie ad un massiccio programma di spesa. L’Europa degli anni ’10 di questo secolo, invece, rischia di privarsi da sola di un importante strumento di politica economica, e di farlo nella maniera più rigida possibile: vietandolo nelle costituzioni. Una scelta che alcuni dicono dettata dalla necessità, ma che rischia di peccare gravemente di lungimiranza.
Giuseppe Caivano

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