Debito Pubblico Italiano

venerdì 28 ottobre 2011

Letterina a Babbo UE

"Caro Babbo Germania e Babbo Francia..."



Potrebbe tranquillamente iniziare così la lettera dell'ennesima figuraccia dell'Italia in Europa. Dopo un richiamo umiliante da parte dei grandi d'Europa e una richiesta di riforme strutturali immediate, l'Italia si presenta a Bruxelles con una lettera d'intenti e nemmeno uno straccio di bozza di riforma. Lettera che sarà un vero incubo per i lavoratori, visto che al suo interno si conferma la linea secondo cui gli unici che devono pagare la crisi siano i giovani e gli operai. Ma analizziamo la lettera: i temi centrali sono 4: Art. 18 Statuto dei Lavoratori, Pensioni, Dismissione Patrimonio Pubblico, Riforma Costituzionale.

Primo tema fondamentale è l'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, il cosiddetto licenziamento per giusta causa. L'art 18 afferma che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o per giusto motivo. In assenza di questi presupposti, il giudice dichiara l'illegittimità  dell'atto e ordina la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro. In alternativa, il dipendente può accettare un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultimo stipendio, o un'indennità crescente con l'anzianità di servizio. Nella lettera inviata all'UE si dichiara la volontà di cancellare questo diritto dei lavoratori.  Secondo le dichiarazioni della maggioranza, questo provvedimento genererà una maggior mobilità del mercato del lavoro.Vero, una maggior libertà di licenziare genererà una maggior circolazione del lavoro. Il governo, però, sembra non voler mettersi nei panni degli operai, quindi procedo con il fare alcune domande a questo inutile governo: Come può un operaio metalmeccanico 50enne, una volta licenziato, ritrovare lavoro in tempo di crisi? Il governo ha accennato al sostentamento degli operai licenziati con la cassa integrazione, ma pagando la cassa integrazione i vantaggi per lo Stato, economicamente, non ce ne sono. Come può aiutare la crescita un provvedimento che da la possibilità agli imprenditori di licenziare gli operai quando vogliono e come vogliono? E' assurdo pensare che dal licenziamento facile si possa passare alla crescita del PIL, anzi, se si facilita il licenziamento, e quindi si manda gente per strada, che quindi non potrà pagare le tasse, il gettito diminuirà ed il debito aumenterà.

Secondo tema, forse il più complicato: le Pensioni. Già, perchè su direttiva europea, l'Italia ha dichiarato l'intento di aumentare gradualmente l'età pensionabile fino a 67 anni. Ma quando si parla di pensioni nella lettera, non si fa una distinzione tra lavori usuranti e non. Attualmente c'è una differenza tra la quantità di contributi per ottenere la pensione tra i lavori usuranti (operaio edile, metalmeccanico etc), e lavori non usuranti (professore, impiegato etc). Nella lettera tale differenza non è sottolineata, il che è alquanto preoccupante: come può un operaio edile o metalmeccanico lavorare fino a 67 anni? E' fisicamente impossibile.
Altro punto del tema pensioni è l'equiparazione dell'età pensionabile tra Uomo e Donna, poichè, a detta del governo, le donne vivono di più e quindi devono lavorare di più. Devo ricordare al governo che la maggior parte di queste donne, in realtà, hanno due lavori? Caro Governo, una donna, semmai sia così fortunata da trovare lavoro, quando torna a casa ha il lavoro da casalinga, altrettanto stancante, quindi questa manovra è ridicola e sessista. Siamo alla frutta.
Ennesimo punto pericoloso. Negli intenti del governo c'è la volontà di eliminare le pensioni di anzianità di contributi: in pratica, se prima si andava in pensione a 55 anni perchè si era lavorato e versato i contributi per 40 anni (presupponendo, per esempio, di aver iniziato a 15 anni), negli intenti del governo c'è la voglia di cancellare l'età contributiva e di prendere in considerazione solo quella anagrafica. In pratica, si otterrà la pensione solo se si avrà almeno 45 anni di contributi ed almeno 67 anni, sennò crepi sul posto di lavoro. Tutto questo, ovviamente, mentre non si toccano i vitalizi e gli stipendi dei parlamentari.



La reazione dei sindacalisti arriva da chi meno te lo aspetti: la Cisl di Bonanni. Ebbene si, a quanto pare il buon Bonanni sembra voler fare il sindacalista, finalmente, dichiarando guerra aperta al governo per quanto riguarda questi provvedimenti. Ma dopo aver fatto sognare i lavoratori, subito affossa quanto di buono fatto per circa 30 secondi. Infatti, Bonanni si dichiara favorevole ad uno sciopero generale ma non vuole assolutamente affiancarsi alla CGIL di Camusso e di Landini. Ed il castello di carte cade.

Terzo Punto è la dismissione del Patrimonio Pubblico. Il governo ha enunciato la volontà di mettere all'asta molto del patrimonio pubblico immobile, prevedendo un entrata di 5 Miliardi di euro per 3 anni. Come al solito, il governo si dichiara ingenuo, oppure lo fa per cercare di prendere per i fondelli l'UE. La dismissione del Patrimonio Pubblico avviene tramite asta. La prima gara, come di consueto, andrà deserta e il governo dovrà abbassare il prezzo. Con un governo alla canna del gas, è facile pensare che gli imprenditori disertino più di una seduta d'asta per acquistare ciò che gli interessa ad un prezzo molto minore. Ergo, le previsioni di entrate sono alquanto fuori luogo e non veritiere.

Ultimo punto è la riforma costituzionale che prevede riduzione del numero dei parlamentari, abolizione delle provincie e federalismo. Nulla da dire su questi provvedimenti, più che mai necessari ad oggi. Ma dov'è il problema? Il problema sta nei tempi: queste riforme sono state promesse entro Maggio 2012, ovvero entro 5 mesi. Ma le riforme costituzionali prevedono dei tempi lunghi per la scrittura e per l'approvazione. Infatti, le riforme costituzionali devono fare due giri di parlamento: devono essere approvate, in ordine, da camera e da senato, poi dopo 3 mesi di nuovo da camera e senato. Per essere approvata, la riforma deve essere approvata dai 2/3 dell'emiciclo, in caso contrario si farà un referendum, non prima di 2-3 mesi. Se per la prima volta il governo sarà celere, la riforma dovrebbe essere presentata a metà Novembre. Se tutto va bene, verrà approvato verso Marzo. E se la maggioranza dei 2/3 non c'è? Si dovrà andare a referendum, e quindi si arriverà almeno a Maggio-Giugno. In ogni caso, saremo in ritardo, sempre se il popolo italiano approverà la riforma.



Ma, ancora una volta grave, non c'è una riforma che tocca lo sviluppo, anzi si passa alla legalizzazione dell'evasione tramite condoni e alla più totale precarizzazione del lavoro, non si accenna ad una lotta all'evasione nè alla stabilizzazione del lavoro. Se queste sono le nostre ricette contro la crisi, il ristorante, come già sapevamo, è uno dei peggiori. Sicuramente non ne usciremo così dalla crisi. Speriamo almeno che, al momento in cui si toccano i diritti dei lavoratori questi si ribellino per dare una bella lezione alla casta che colpisce sempre e solo le fasce deboli della popolazione.

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